COSA FACCIAMO

DR&AM si impegna su due fronti, individuati tra i piùcritici e meno tutelati:

  1. Le persone che stazionano nei campi profughi (i campi di concentramento di questo nuovo secolo)
  2. Gli immigrati che risiedono in Italia e che provengonodall’area subsahariana o i profughi provenienti da zone di guerra.

CAMPI PROFUGHI

Possiamo osservare che le persone che stazionano nei campi profughi allestiti fuori e dentro l’Europa, (veri campi di concentramento) sono i più sofferenti e in preda alla totale

disperazione, fuggiti da guerre, cataclismi e carestie non hanno più nulla alle spalle e non vedono neppure nessuna possibilità di riscatto in futuro, rimangono posteggiati in un limbo di miseria, fame e sofferenza dove, a stento, gli è garantita la sopravvivenza, e neanche sempre, perché spesso muoiono per malattie o per disperati tentativi di fuga.

Le speranze di raggiungere una meta in cui iniziare una nuova vita sono praticamente nulle. Le condizioni di sopravvivenza sono disumane e, anche se in quelle condizioni non è pensabile fare progetti sostenibili si ritiene che un aiuto economico possa per lo meno alleviare qualche sofferenza

IMMIGRATI CHE RISIEDONO IN ITALIA

Le recenti migrazioni dai paesi dell’area subsahariana hanno portato un problema nuovo: molti ragazzi minorenni o appena maggiorenni si sono trovati scaraventati in un continente e in una cultura che non conoscevano, ignorati dal nuovo mondo circostante e senza più legami con le loro radici. Parenti e amici in patria sono irraggiungibili sia per le diffcoltà di comunicazione sia per le problematiche di sopravvivenza che non consentono loro di seguire il percorso all’estero dei loro parenti/amici.

Appena sbarcati in Italia i ragazzi, dopo la prima accoglienza negli HOTSPOT per le pratiche di identicazione, vengono presi in carico dal SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione), già conosciuto come SIPROIMI e prima come SPRAR). Lo SPRAR, istituito con la legge 189 del 2002, ha subito una svolta radicale con il decreto in materia di immigrazione e sicurezza introdotto da Matteo Salvini a dicembre 2018. Decreto che è stato poi nuovamente modicato dalla ministra Lamorgese a ottobre 2020. Il sistema è coordinato dal Ministero dell’Interno in collaborazione con ANCI.

Gli enti locali e le cooperative che scelgono di aderire al SAI e che abbiano i presupposti, possono fare domanda per accedere ai fondi ministeriali in qualsiasi momento, rispondendo ad un avviso pubblico sempre aperto. Attualmente possiamo constatare che le scarsissime risorse investite e soprattutto la costante carenza di formazione degli operatori, fanno sì che non si riesca a portare a termine un percorso formativo e di integrazione nei tempi previsti e con gli investimenti elargiti.

Molto spesso, per mancanza di risorse, i ragazzi vengono “posteggiati” in piccoli comuni, enti o cooperative, alcuni dei quali ritengono di nondover soddisfare i due requisiti fondamentali che sono richiesti per l’abilitazione all’ospitalità: istruzione e lavoro. Questo fattore, unito al totale isolamento dei ragazzi, provoca una fuga dai centri già durante la permanenza, e spesso all’uscita si perdono per l’impossibilità di permettersi una vita autonoma, in quanto l’istruzione e il lavoro non sono stati stati considerati obbiettivo fondante.

Si assiste pertanto allo stesso fenomeno di abbandono scolastico che colpisce i ragazzi italiani, con la differenza che questi ragazzi non hanno più una casa dove stare. Si creano così quei fenomeni di vite trascorse in strada con relative derive delinquenziali tanto detestate dalla popolazione e dalle istituzioni che però le hanno provocate o non sono riuscite a contenerle.

Torna in alto